La 'memoria delle staminali' nuova arma contro il cancro

05/02/2015

Si chiamano 'staminali di memoria'. E grazie a una scoperta tutta italiana potranno contribuire a combattere un cancro e le sue eventuali ricadute sfruttando le naturali difese dell'organismo, 'armandole' a lungo termine contro i tumori. Lo studio, pubblicato su 'Science Translational Medicine', porta la firma dell'Istituto Telethon per la terapia genica (Tiget) con sede all'Irccs ospedale San Raffaele di Milano. In sintesi, gli scienziati del Tiget diretto da Luigi Naldini hanno dimostrato che un particolare tipo di linfociti T 'Ogm', modificati con la terapia genica, sono in grado di mantenere nel tempo - almeno per 12 anni - la capacità di riprodursi e di assolvere alle loro funzioni di baluardo contro attacchi esterni.

Un lavoro cruciale per il futuro dell'immunoterapia anticancro, che sfrutta le tecniche della terapia genica per trasformare i soldati del sistema immunitario in 'killer specializzati' nella guerra ai tumori. I primi autori della ricerca sono Serena Scala e Luca Biasco. Quest'ultimo nel dicembre scorso a San Francisco si è guadagnato i riflettori del principale congresso di ematologia al mondo, il meeting annuale dell'Ash, American Society of Hematology. E' stato lui, 36 anni, bolognese trapiantato nel capoluogo lombardo dopo varie esperienze all'estero, a presentare davanti a 20 mila addetti ai lavori uno dei 6 studi ritenuti più meritevoli tra i 6.500 illustrati al summit.

La sua ricerca, che per prima al mondo svelava dove vanno, cosa fanno e quanto vivono le cellule staminali utilizzate in medicina contro malattie un tempo mortali come la leucemia, prendeva le mosse dagli studi di terapia genica avviati quasi 20 anni fa sui malati di Ada-Scid: i cosiddetti 'bimbi in bolla', che a causa di un gene difettoso sono privi delle difese immunitarie necessarie a combattere anche un semplice raffreddore. "Anche questa nuova ricerca nasce da lì - spiega Biasco all'Adnkronos Salute - e dimostra per la prima volta la sicurezza e la durata d'azione di cellule chiave per l'immunoterapia anticancro".

Grazie a una tecnica messa a punto al Tiget nel 2002, oggi i bimbi in bolla possono guarire: si prelevano le loro staminali ematopoietiche (quelle che hanno il compito di produrre le cellule del sangue), si modificano inserendo la versione corretta del gene sbagliato veicolata da un virus reso innocuo (l'Hiv è quello che funziona meglio), quindi si reinfondono nel malato. Ma prima di arrivare a perfezionare questa metodica, negli anni '90 gli scienziati italiani avevano provato ad agire non sulle staminali, bensì direttamente sui linfociti T dei piccoli malati. Il tentativo non aveva funzionato, però è grazie a quello studio ('Science', 1995) che è stato possibile capire cosa succede nel corso degli anni alle cellule modificate e reinserite nel paziente.

Utilizzando un particolare metodo di tracciatura molecolare, basato una sorta di 'codice a barre' che marchia le cellule quando vengono modificate geneticamente, gli scienziati del Tiget sono infatti in grado di analizzare il destino delle cellule stesse una volta reintrodotte nel malato. Così hanno fatto nei pazienti di quel vecchio studio, trattati a partire dal '93. "La prima cosa che abbiamo scoperto - riassume Biasco - è che questi linfociti T modificati geneticamente sono sicuri a lungo termine, cioè che in 12 anni non hanno prodotto alcun evento avverso nell'organismo umano. La seconda informazione ottenuta è che anche dopo tutto questo tempo continuano a svolgere efficacemente la loro funzione".

Quale funzione? "Queste cellule, che in gergo tecnico si chiamano 'T memory stem cell' - precisa il ricercatore - sono in pratica delle staminali di secondo livello: mentre le staminali ematopoietiche classicamente intese possono dare origine a tutte le cellule del sangue, queste producono solo linfociti T. Sono cellule precursore che, opportunamente modificate nel loro Dna attraverso la tecnica usata anche nella terapia genica, possono diventare 'armi interne' contro il cancro e costituire una riserva cellulare che continua a combatterlo. Adesso, per la prima volta, sappiamo che ci riescono anche dopo 12 anni".

La nuova scoperta italiana, finanziata da Fondazione Telethon e Comunità europea, è dunque particolarmente importante per gli sviluppi dell'immunoterapia oncologica. Si tratta di uno dei filoni più caldi della moderna ricerca contro il cancro e utilizza terapie dette 'Car-T', che vanno a modificare geneticamente i linfociti T in modo che aggancino e uccidano le cellule malate, e che si sono dimostrate promettenti in diversi studi clinici.

"Il nostro studio potrà contribuire a migliorarla perché dimostra che, oltre ai linfociti T che vengono armati contro il cancro e combattono in prima linea il tumore in atto - puntualizza Biasco - possono essere modificate e usate anche queste 'cellule T staminali di memoria' che forniscono una riserva particolarmente importante in caso di recidiva tumorale. Se si sviluppa una ricaduta, infatti, queste cellule possono ricostruire all'interno dell'organismo un esercito anticancro. Il prossimo passo sarà perfezionare il nostro metodo di tracciatura molecolare rendendolo sempre più efficace e accessibile, non solo per la terapia genica, ma anche nelle sperimentazioni sull'immunoterapia anticancro. Inoltre vogliamo studiare meglio come migliorare la manipolazione di queste cellule in vitro, in modo da migliorare la resa delle 'staminali di memoria'".

"I risultati di questo studio - commenta Alessandro Aiuti, coordinatore Area clinica del Tiget - sono di estrema importanza non soltanto per la cura di pazienti affetti da immunodeficienze congenite e da Hiv, ma anche per lo sviluppo di nuove terapie contro il cancro basate sui linfociti ingegnerizzati".

ADN KRONOS 6 febbraio 2015