Prostata, Psa alto oppure basso: ma quando davvero segnala un tumore?

03/07/2019

Valori sopra la norma dell’Antigene Prostatico Specifico non segnalano necessariamente problemi gravi: quelli al di sotto possono ingannare se si stanno prendendo farmaci per curare l’ipertrofia benigna

di Vera Martinella

Chi dovrebbe fare il test del Psa (il test del sangue che misura l’antigene prostatico specifico)? E quando? Questo esame viene spesso consigliato dal medico di famiglia a tutti gli uomini a partire dai 50 anni, ma ormai è assodato che non è appropriato per svolgere screening a tappeto sulla popolazione sana. «È utile invece per i soggetti a rischio, quelli che hanno una familiarità per carcinoma della prostata, che dovrebbero eseguire il test almeno una volta attorno ai 45 anni — spiega Giuseppe Procopio, responsabile della Struttura semplice di Oncologia genitourinaria all’Istituto nazionale dei tumori di Milano —. Sulla base del risultato si possono disegnare le strategie dei controlli e la loro frequenza. E poi, naturalmente, l’esame utile per chi ha disturbi della sfera genitourinaria. L’indicazione ad eseguirlo dovrebbe essere concordata con il proprio medico di medicina generale o lo specialista urologo. E sempre con il medico andrebbero valutati attentamente gli esiti, onde evitare di preoccuparsi eccessivamente o di sottostimarli, procedendo eventualmente con altri esami se necessario».

In discussione
Il «Psa» è al centro delle discussioni scientifiche da tempo. Valori elevati nell’esito dell’esame provano la presenza di un disturbo della ghiandola prostatica: può essere un’infiammazione (prostatite), un aumento del volume (ipertrofia), un’infezione o un tumore. Per questo, prima di allarmarsi e di decidere qualsiasi intervento, che potrebbero comportare trattamenti inutili, bisogna valutare bene i risultati e procedere, se necessario, con altre indagini. Questo se i valori sono sopra la norma. Un aspetto finora meno considerato è quello che riguarda invece valori di Psa bassi. Uno studio pubblicato di recente sulla rivista scientifica Jama Internal Medicine, condotto su più di 80mila uomini, ha messo infatti in evidenza che si potrebbe sottostimare il pericolo di cancro alla prostata di fronte a un Psa basso in uomini che assumono farmaci per curare l’ipertrofia prostatica benigna. Nella loro ricerca, gli studiosi dell’University of California San Diego School of Medicine hanno analizzato i dati relativi a 80.875 uomini che si erano sottoposti al test del Psa tra il 2001 e il 2015 riscontrando che il 29 per cento dei pazienti in cura con inibitori della 5-alfa reduttasi (comunemente usati per l’ipertrofia prostatica) aveva effettuato una biopsia entro due anni da un test del Psa dall’esito sospetto contro il 59 per cento degli uomini che non assumeva i farmaci in questione. Inoltre, il 25 per cento di chi prendeva medicine per la prostata ingrossata riceveva una diagnosi di tumore a uno stadio già avanzato della malattia, in confronto al 17 per cento delle persone che non seguivano la stessa terapia. Infine, il 7 per cento dei pazienti in cura con inibitori della 5-alfa reduttasi aveva un tumore metastatico rispetto al 3 per cento degli uomini non in cura. Gli inibitori dell’enzima 5-alfa reduttasi, infatti, provocano un abbassamento artificiale dei livelli dell’antigene prostatico specifico (precedenti studi hanno dimostrato che queste medicine possono persino dimezzarne i livelli rilevati nel sangue) compromettendo quindi l’affidabilità dell’esame del Psa «al ribasso» invece che «al rialzo» come avviene per diversi altri fattori.

Eccesso e difetto di zelo
«I livelli alti di Psa non sempre sono indicativi di un tumore e si corre il rischio in questo caso di peccare per eccesso di zelo esagerando con trattamenti non necessari — sottolinea Procopio, che è anche consigliere dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica —. Meno noto è in effetti il pericolo opposto. Ci sono anche casi in cui bassi livelli di Psa non sono necessariamente rassicuranti, come nello studio in questione, e non possono escludere la presenza di un carcinoma. Quei valori potrebbero essere infatti essere falsati dalle terapie per il trattamento di un disturbo benigno». Con gli anni la prostata si ingrossa, è un inevitabile cambiamento dell’organismo che tutti i maschi sperimentano. I primi segnali sono piccoli disturbi urinari, come difficoltà ad iniziare la minzione, una certa impellenza del bisogno o la necessità frequente di svuotare la vescica, specie di notte . Nulla di grave, non a caso si parla di ipertrofia prostatica benigna. Ne soffrono fra i 5 e i 10 uomini ogni cento fra i 35 e i 40 anni e con l’avanzare dell’età il problema si amplia, fino ad arrivare a 80 maschi su cento sopra i 70 anni. In ogni caso «è importante ricordare che il valore del Psa da solo non basta a definire lo stato di salute della prostata — ricorda Alberto Lapini, presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) —. E quando viene decisa la ripetizione dell’esame è corretto eseguirlo nello stesso laboratorio per evitare le differenze millesimali che possono esistere tra i vari centri e che spesso portano ad allarmismi ingiustificati nei dei pazienti. È poi fondamentale che gli uomini segnalino eventuali disturbi al loro medico di base, senza spaventarsi ma anche senza trascurarli a lungo: sarà lui a valutare se è necessaria una visita con l’ urologo».

Che cosa può falsare il test del Psa
Non esiste un valore normale di Psa valido per tutti gli uomini, quindi una soglia di allarme universale. Il livello di Psa cresce con l’età e per la presenza di altre malattie o disfunzioni prostatiche (infezioni urinarie o ipertrofia prostatica benigna) ma può risultare nella norma nel 30% dei pazienti affetti da tumore della prostata. Il livello di Psa può risentire leggermente anche di una serie di condizioni: rapporto sessuale recente; visita con esplorazione digito-rettale; ecografia transrettale; manovre urologiche (inserimento di catetere, cistoscopia); minimi traumatismi per esempio all’uso della bicicletta o alla guida prolungata della moto).

Sintomi da segnalare
Oltre a quelli già accennati, possibili sintomi di un problema prostatico sono anche intermittenza nell’emissione del flusso urinario, incompleto svuotamento della vescica, flusso urinario debole e lo sforzo nella minzione, urgenza di svuotare la vescica e bruciore e sangue nelle urine.Gli altri testIl test del PSA, pur essendo un buon indizio (e non una prova) di tumore, non è però in grado di distinguere tra tumori aggressivi e quelli definiti indolenti, che non necessariamente devono essere curati, ma possono anche essere soltanto «sorvegliati»: per questo è importante che gli uomini siano informati correttamente sui possibili pro e contro dell’esame. «L’utilizzo del Psa può causare un eccesso di diagnosi (perché un valore alterato induce alla prescrizione della biopsia, l’unico esame al momento in grado di diagnosticare il tumore della prostata) e di conseguenti terapie inappropriate — chiarisce Alberto Lapini, responsabile della Prostate Cancer Unit all’ospedale Careggi di Firenze —. Per cercare di individuare coloro che realmente dovrebbero fare la biopsia sono stati e ancora vengono proposti test aggiuntivi come la valutazione del rapporto PSA libero/totale, la PSA densitye/o velocity, il proPSA e l’indice PHI (il cosiddetto indice di salute prostatica che si effettua con un prelievo di sangue) o marcatori come PCA3 (un esame che si esegue sulle urine), che in realtà, però, non si sono dimostrati efficaci per selezionare i candidati alla biopsia».

FONTE: CORRIERE DELLA SERA