SIUrO Press
Feb 2016
12/02/16 - RASSEGNA STAMPA MEDIA TUTORIAL SULLA SORVEGLIANZA ATTIVA
Jul 2015
16/07/15 - Proteggere la fertilità? Si comincia fin dall’adolescenza
Meno del 5% dei ragazzi sotto i 20 anni ha fatto una visita dall’urologo, mentre più del 40% delle loro coetanee è stata almeno una volta dal ginecologo. Spesso così vengono sottovalutati disturbi come il varicocele o le malattie sessualmente trasmissibili.
...read moreMeno del 5% dei ragazzi sotto i 20 anni ha fatto una visita dall’urologo, mentre più del 40% delle loro coetanee è stata almeno una volta dal ginecologo. Spesso così vengono sottovalutati disturbi come il varicocele o le malattie sessualmente trasmissibili.
Se si tratta di ottenere un sorriso smagliante, i giovani maschi italiani non ci pensano due volte a prendere l’appuntamento con il dentista. Se, invece, si parla di fertilità, ecco che la visita dall’urologo non è nemmeno contemplata, eccetto quando non sia estremamente necessaria. Lo rivela un recente sondaggio on-line realizzato sul sito de il Ritratto della Salute e di Sky Sport. Secondo i dati, meno del 5% dei ragazzi sotto i 20 anni ha fatto una visita dall’urologo, mentre più del 40% delle loro coetanee è stata almeno una volta dal ginecologo. Eppure i primi controlli e la prevenzione dovrebbero iniziare già nella prima infanzia ed essere portati avanti per tutta l’adolescenza. “C’è una crescita preoccupante delle patologie della sfera riproduttiva e sessuale maschili, soprattutto tra gli adolescenti e i giovani maschi, nella maggior parte dei casi, dovuta a stili di vita sbagliati - spiega il prof. Riccardo Valdagni, presidente nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) - Ma anche a una scarsa vigilanza e quindi a pochi controlli. Molte di queste patologie, se trascurate, possono minare la qualità di vita dei ragazzi con conseguenze importanti come l’impotenza e l’infertilità nell’età adulta”.
“Nell’1% dei casi il bambino nasce criptorchide, cioè con uno o entrambi i testicoli non correttamente sviluppati e in sede – spiega l’esperto - e l’infertilità è la conseguenza statisticamente più rilevante di questa condizione, se non si interviene subito. Il 15% dei giovani tra i 15 e i 25 anni è, invece, portatore di varicocele, un disturbo che potrebbe essere semplicemente diagnosticato con una visita approfondita dal medico di famiglia. Tuttavia, molti ragazzi non sanno nemmeno cos’è, non accusano nessun disturbo e di conseguenza lo scoprono solo in età adulta quando compare dolore localizzato e soprattutto infertilità. Fino ai 14 anni e una volta completato lo sviluppo è sempre raccomandato tenere sotto controllo lo sviluppo – spiega Valdagni – e quindi monitorare la presenza di malformazioni o disfunzioni dell’apparato riproduttivo”.
Un altro importante problema è rappresentato dalla crescente diffusione, soprattutto tra gli adolescenti e nella fascia d’età 20-35 delle malattia sessualmente trasmissibili. “Si tratta di tutta una serie di patologie, provocate da vari miscroorganismi (batteri, virus, funghi, protozoi), che passano attraverso rapporti sessuali non protetti –. prosegue il prof. Valdagni – le più pericolose sono le infezioni virali come l’HIV, l’AIDS, i papilloma virus, ma anche epatiti, e infiammazioni come la candida, la chlamydia, la sifilide, ecc… È importante istruire i giovani, su come evitare i comportamenti a rischio, insegnare loro a come prendersi cura della propria vita sessuale e riproduttiva attraverso stili di vita corretti. In particolare seguire una dieta povera di grassi saturi e zuccheri raffinati, evitare di prendere abitudini pericolose come rapporti non protetti, ma anche fumo, alcol e sostanze dopanti. Da ricordare che una regolare attività fisica ha effetti protettivi sulla salute del maschio. Infine – conclude il prof. Valdagni – è importante che i giovani imparino l’autopalpazione del testicolo da fare comodamente sotto la doccia per scovare precocemente malformazioni o nudoli tumorali”.
La SIUrO ha aderito alla campagna SAM promossa dalla Fondazione Veronesi per diffondere anche tra i giovani maschi la cultura della prevenzione della propria sfera sessuale e riproduttiva, che prevederà anche incontri frontali nelle scuole, la diffusione di opuscoli e porte aperte negli ambulatori. “Siamo orgogliosi di partecipare alla costruzione di questo progetto, unico nel suo genere, indispensabile per colmare il bisogno di informazione e prevenzione di grandi e giovani” – conclude il prof. Valdagni.
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Jun 2015
23/06/15 - Tumore Della Prostata: In Vent'anni Mortalità Diminuita Del 36%. Gli Uro-Oncologi: È Una Patologia Sempre Più Cronica E Con Una Buona Qualità Di Vita
Roma, 23 giugno 2015 – Nove uomini su dieci, colpiti da cancro alla prostata, oggi superano la malattia. Dal 1995, infatti, la sopravvivenza globale è sensibilmente migliorata grazie a una diagnosi precoce e mirata e ai nuovi trattamenti combinati (farmaci, chirurgia, radioterapia) sempre più efficaci e meno invasivi che consentono di cronicizzare la malattia senza alterare la qualità di vita dei pazienti....read more
Roma, 23 giugno 2015 – Nove uomini su dieci, colpiti da cancro alla prostata, oggi superano la malattia. Dal 1995, infatti, la sopravvivenza globale è sensibilmente migliorata grazie a una diagnosi precoce e mirata e ai nuovi trattamenti combinati (farmaci, chirurgia, radioterapia) sempre più efficaci e meno invasivi che consentono di cronicizzare la malattia senza alterare la qualità di vita dei pazienti. “Un successo importante – affermano Giario Conti, presidente uscente e Riccardo Valdagni, presidente eletto della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) –, determinato da numerosi fattori”.
Con 36.000 nuove diagnosi l’anno, il tumore della prostata rappresenta il 20% di tutti quelli diagnosticati nell’uomo a partire dai 50 anni di età, con un incidenza maggiore soprattutto tra gli over 60. “Il carcinoma prostatico – proseguono Valdagni e Conti – è spesso presente in forma indolente (circa il 30-40% dei pazienti), caratterizzata da una crescita che può essere molto lenta e non in grado di provocare disturbi e ancor meno di causare la morte dei pazienti. In questi casi è possibile adottare una strategia osservazionale come la sorveglianza attiva, tenendo sotto stretto controllo nel tempo il comportamento e l’evoluzione del tumore, riservando il trattamento (chirurgico, radioterapico, farmacologico) solo ai pazienti che ne abbiano bisogno e quando ne abbiano bisogno. Il paziente viene sottoposto a controlli periodici e programmati del PSA (ogni tre mesi), a viste cliniche con esplorazione rettale (ogni sei mesi) a biopsie di riclassificazione (dopo uno, quattro, sette e dieci anni dalla diagnosi). Esami aggiuntivi vengono proposti sulla base di eventuali segnali che provengono da questi controlli.
In questo modo, possiamo osservare il cancro e preservare la qualità di vita della persona malata, che i trattamenti attivi (soprattutto chirurgia e radioterapia) possono minare.
Sul versante opposto, quello dei pazienti affetti da carcinoma in fase avanzata, metastatico e resistente alla castrazione uno dei fattori più importanti è rappresentato dalla aumentata disponibilità di nuovi farmaci in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza dei pazienti, che affiancano quelli chemioterapici (docetaxel e cabazitaxel). In particolare sono disponibili oggi, sia per pazienti che abbiano già avuto un trattamento chemioterapico con docetaxel sia per pazienti che non abbiano fatto tale chemioterapia due farmaci “ormonali”. Il primo arrivato della classe delle terapie ormonali innovative è l’abiraterone acetato, il primo farmaco in grado di inibire gli ormoni in ogni sede di produzione, in particolare all’interno del tumore stesso, diversamente da quanto avveniva con le terapie precedenti, bloccando la produzione autonoma di testosterone da parte delle cellule prostatiche e togliendo loro la “benzina” di cui si nutrono per crescere.
Un secondo farmaco, l’enzalutamide, agisce invece bloccando i recettori cui il testosterone aderisce per essere trasportato all’interno della cellula fino al nucleo e al DNA impedendo quindi la “messa in moto” del motore della crescita tumorale
Gli studi clinici, eseguiti utilizzando questi farmaci sia dopo la chemioterapia sia prima hanno dimostrato risultati positivi in termini di prolungamento della sopravvivenza e di miglioramento della qualità della vita, riducendo sensibilmente il rischio di progressione nei malati con tumore metastatico resistente alla castrazione, con effetti collaterali complessivamente modesti e ben controllabili, anche in pazienti “difficili” perché affetti da altre patologie (come il diabete) o molto anziani, come si conferma dai lavori presentati al nostro XXV Congresso Nazionale SIUrO, che si chiude oggi a Roma. “Il tumore della prostata – proseguono Conti e Valdagni – è molto sensibile agli ormoni androgeni, che giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo delle cellule tumorali e dunque favoriscono la progressione della malattia.
Un altro farmaco, con meccanismo d’azione completamente diverso, è il Radium 223. È un “radiofarmaco” capace di incorporarsi nell’osso, nella sede delle metastasi scheletriche, e di liberare un’energia molto intensa e poco penetrante (radiazioni alfa) capace di uccidere le cellule tumorali riducendo al minimo gli effetti collaterali sui tessuti sani, in particolare sul midollo osseo. Anche il Radium 223 si è dimostrato capace di prolungare la sopravvivenza dei malati affetti da carcinoma della prostata con metastasi scheletriche e sintomi dolorosi; analogamente agli altri farmaci sopra menzionati, è possibile ridurre sensibilmente il rischio di eventi scheletrici (come le fratture patologiche) preservando quindi più a lungo la qualità della vita dei pazienti.
Se consideriamo poi la possibilità di utilizzare in maniera differente la chemioterapia in pazienti con tumori a rischio molto alto di progressione, come suggerito dai dati presentati al recente congresso americano di oncologia medica (ASCO), è possibile disegnare uno scenario di possibilità terapeutiche completamente differente da quello in cui ci siamo mossi, noi e i pazienti, fino a pochi anni fa. L’aspettativa di vita dei malati si è praticamente quintuplicata nell’arco di pochissimi anni.
Oggi la sfida è capire quando e come utilizzare queste armi terapeutiche, in quali malati, con quale sequenza. L’unica strada percorribile per raggiungere questo traguardo è l’approccio multidisciplinare; competenze diverse e complementari che concorrono insieme all’obbiettivo comune, offrire più vita e più speranza ai propri pazienti.
La neoplasia prostatica, però, è sensibile ad altri fattori “esterni”: il consumo di tabacco può essere responsabile della malattia così come l’alimentazione e gli stili di vita. “È una patologia subdola che, spesso, non presenta sintomi fino allo stadio avanzato – concludono Valdagni e Conti – La prevenzione è fondamentale. Svolgere una regolare attività fisica, seguire un’alimentazione equilibrata e povera di grassi su modello della dieta mediterranea, abbandonare il vizio del fumo e l’abuso di alcol rappresentano la prima vera strategia di difesa contro i tumori a qualunque età”.
Read less22/06/15 - Tumori: per cancro prostata cure più precise e nuovi farmaci Colpiti 36mila italiani anno; esperti,importante lavoro d'equipe
- ROMA, 22 GIU - Contro il tumore alla prostata, che colpisce ogni anno 36mila italiani e si conferma come il più frequente tra la popolazione maschile dell'Occidente, la diagnosi e la terapia diventano oggi molto più precise e aumentano le 'armi' di cura a disposizione dei medici. A fare il punto sono gli oltre 600 specialisti riuniti a Roma per il 25/mo Congresso della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO)....read more
- ROMA, 22 GIU - Contro il tumore alla prostata, che colpisce ogni anno 36mila italiani e si conferma come il più frequente tra la popolazione maschile dell'Occidente, la diagnosi e la terapia diventano oggi molto più precise e aumentano le 'armi' di cura a disposizione dei medici. A fare il punto sono gli oltre 600 specialisti riuniti a Roma per il 25/mo Congresso della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO). In Italia i tumori urogenitali colpiscono oltre 76.500 persone l'anno e rappresentano il 20% di tutte le neoplasie diagnosticate: ''L'innovazione in oncologia ha portato a cure più efficaci che contrastano le neoplasie limitando gli effetti collaterali delle terapie - afferma Gigliola Sica, Presidente onorario del congresso -. In particolare, il tumore della prostata colpisce ogni anno 36mila italiani e fino a pochi anni fa la malattia avanzata, o la recidiva, veniva combattuta solo con la terapia ormonale. Oggi esistono nuovi medicinali, sia chemioterapici che radio-farmaci, che hanno cambiato radicalmente le prospettive, anche per la fase metastatica". Così, per il cancro del testicolo ''in 15 anni la sopravvivenza arriva fino al 94% - rileva Sergio Bracarda, membro SIUrO -. La malattia deve però essere trattata in centri specializzati perché è necessario saper gestire le problematiche collegate ai trattamenti. Prima fra tutte la preservazione della fertilità, che è molto importante in quanto si tratta di una neoplasia 'giovanile' che colpisce 2.000 under 40 ogni anno''. Per quanto riguarda invece il tumore della vescica e del rene, i dati sono meno confortanti nonostante i netti miglioramenti degli ultimi anni. Ma nella cura di tali neoplasie, gli esperti sottolineano l'importanza del lavoro d'equipe: ''Il paziente, se è gestito da un team multidisciplinare - afferma il presidente nazionale Siuro, Giario Conti - riceve cure ottimali e si ottengono migliori risultati". Da qui la proposta di istituire anche in Italia le Prostate Cancer Unit, già attive in Germania: si tratta di strutture simili a quelle che da anni curano le donne malate di tumore del seno e che, grazie a team multidisciplinari di specialisti, garantiscono la cura a '360 gradi' del paziente.
Read less15/06/15 - Tumore della prostata, oggi 9 pazienti su 10 superano la malattia
Risultati positivi e buona qualità di vita raggiunti anche grazie a nuove terapie: «Ora la sfida è capire quando e come utilizzarle, in quali malati, con quale sequenza»...read more
Risultati positivi e buona qualità di vita raggiunti anche grazie a nuove terapie: «Ora la sfida è capire quando e come utilizzarle, in quali malati, con quale sequenza»
di Vera Martinella
Negli ultimi 20 anni la sopravvivenza dei malati con un tumore alla prostata è costantemente migliorata, la mortalità è scesa del 36 per cento e oggi nove pazienti su dieci superano la malattia, guariscono o ci convivono per molti anni, talvolta persino decenni. Merito della diagnosi precoce, ma anche di nuovi trattamenti combinati (farmaci, chirurgia, radioterapia) sempre più efficaci e meno invasivi che consentono di cronicizzare la malattia senza alterare la qualità di vita dei pazienti. A fare il punto sulla situazione delle terapie disponibili per il cancro più frequente fra i maschi, di cui vengono diagnosticati 36mila nuovi casi in Italia nel 2014, sono gli specialisti della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO), riuniti a congresso nei giorni scorsi a Roma, dove hanno anche presentato un libro (Un’esperienza chiamata cancro, autori Mauro Boldrini e Sabrina Smerrieri, Intermedia Editore), che raccoglie storie di pazienti.
Molti uomini con cancro potrebbero essere soltanto tenuti «sotto sorveglianza»
«Il carcinoma prostatico – spiega Riccardo Valdagni, neoeletto presidente della SIUrO – è spesso presente in forma indolente (circa il 30-40 per cento dei pazienti), caratterizzata da una crescita che può essere molto lenta e non in grado di provocare disturbi e ancor meno di causare la morte dei pazienti. In questi casi è possibile adottare una strategia osservazionale come la sorveglianza attiva, tenendo sotto stretto controllo nel tempo il comportamento e l’evoluzione del tumore, riservando il trattamento (chirurgico, radioterapico, farmacologico) solo ai pazienti che ne abbiano bisogno e quando ne abbiano bisogno. Il paziente viene sottoposto a controlli periodici e programmati del PSA (ogni tre mesi), a viste cliniche con esplorazione rettale (ogni sei mesi) a biopsie di riclassificazione (dopo uno, quattro, sette e dieci anni dalla diagnosi). Esami aggiuntivi vengono proposti sulla base di eventuali segnali che provengono da questi controlli. In questo modo, possiamo tenere sotto stretta vigilanza la malattia e preservare la qualità di vita della persona, che potrebbe invece essere minata dagli effetti collaterali di trattamenti attivi (soprattutto chirurgia e radioterapia)». Insomma, per gli uomini con un carcinoma a basso rischio di progressione, ovvero in pratica di piccole dimensioni e non aggressivo, la migliore strategia è tenerli in osservazione e non intervenire con cure che sarebbero eccessive, visti i pochi rischi che corrono.
Nuovi farmaci prolungano la sopravvivenza e migliorano la qualità di vita
Per i pazienti più «complessi», quelli che soffrono di un carcinoma in fase avanzata, metastatico o resistente alle cure tradizionali, sono poi arrivate altre novità che hanno migliorato la sopravvivenza negli ultimi anni. «Ora sono utilizzabili, anche per malati che abbiano già avuto un trattamento chemioterapico, due farmaci ormonali – spiega Giario Conti, presidente uscente della SIUrO –. Il tumore della prostata è infatti molto sensibile agli ormoni androgeni, che giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo delle cellule tumorali e dunque favoriscono la progressione della malattia». Il primo arrivato, abiraterone acetato, è in grado di inibire gli ormoni in ogni sede di produzione, in particolare all’interno del tumore stesso, diversamente da quanto avveniva con le terapie precedenti, bloccando la produzione autonoma di testosterone da parte delle cellule prostatiche e togliendo loro la «benzina» di cui si nutrono per crescere. Un secondo medicinale, l’enzalutamide, agisce invece bloccando i recettori cui il testosterone aderisce per essere trasportato all’interno della cellula fino al nucleo e al DNA impedendo quindi la «messa in moto» del motore della crescita tumorale Gli studi clinici eseguiti utilizzando queste cure sia prima che dopo la chemioterapia hanno dato esiti positivi in termini di prolungamento della sopravvivenza e di miglioramento della qualità della vita, riducendo sensibilmente il rischio di progressione nei malati con tumore metastatico resistente alla castrazione, con effetti collaterali complessivamente modesti e ben controllabili, anche in pazienti «difficili» perché affetti da altre patologie (come il diabete) o molto anziani.
Radiofarmaci e cure ormonali: tante possibilità da sfruttare
Oltre all’ormonoterapia esistono altri trattamenti innovativi con meccanismi d’azione completamente diversi, come il Radium 223, un «radiofarmaco» capace di incorporarsi nell’osso (nella sede delle metastasi scheletriche) e di liberare un’energia molto intensa e poco penetrante (radiazioni alfa) capace di uccidere le cellule tumorali riducendo al minimo gli effetti collaterali sui tessuti sani, in particolare sul midollo osseo. Anche il Radium 223 si è dimostrato capace di prolungare la sopravvivenza dei malati affetti da carcinoma della prostata con metastasi scheletriche e sintomi dolorosi, preservando quindi più a lungo la qualità della vita dei pazienti. «Come è emerso anche dall’ultimo Congresso Americano di Oncologia Medica (l’Asco, tenutosi a fine maggio a Chicago) oggi di fronte a un uomo con carcinoma alla prostata abbiamo di fronte un ampio scenario di possibilità terapeutiche, completamente differente da quello in cui ci siamo mossi fino a pochi anni fa – precisa Conti -. L’aspettativa di vita dei malati si è praticamente quintuplicata nell’arco di pochissimi anni e oggi la sfida è capire quando e come utilizzare queste armi terapeutiche, in quali malati, con quale sequenza. L’unica strada percorribile per raggiungere questo traguardo è l’approccio multidisciplinare: competenze diverse e complementari che concorrono insieme all’obbiettivo comune, cioè offrire più vita e più speranza ai propri pazienti».